L’ARTE TI RIEMPIE!

Storia di Bartolomeo Bartolini
A cura di Alessandro Messini

Il mio nome è Bartolomeo Bartolini. Sono originario di San Francesco, la frazione di Pelago limitrofa di Pontassieve. Ho 22 anni e da tre vivo e studio a Londra, anzi adesso abito vicino a Londra, dove mi sono trasferito per l’università di teatro. Prima ho frequentato il liceo linguistico di Firenze dove ho studiato inglese, spagnolo e tedesco. A Londra ho avuto la possibilità di continuare con la lingua inglese e con quella spagnola perché c’erano molti spagnoli che vivevano intorno a me. Il tedesco, purtroppo, l’ho un po’ perso, ma sono in una scuola di teatro e mi trovo molto bene.

Decisi di andare a Londra per seguire il mio sogno di prepararmi a fare teatro seriamente. 

Sono partito nel settembre del 2013. Non ho nemmeno guardato troppo alle scuole italiane, perché mi sono sentito spinto ad andare in Inghilterra ancor prima di poter riuscire a capire e verificare quali università di questo tipo ci fossero in Italia. Ho sentito proprio il bisogno di andarmene via da questo posto. 

Conoscevo un po’ il mondo, intendo il giro dei teatri che c’era qui a Firenze e ne facevo anche parte, ma non mi entusiasmava più di tanto, ormai ed ho deciso di andare a vedere qualcosa di nuovo.

Il DAMS di Bologna è stata una delle poche scuole valide di cui avevo sentito dire qui in Italia. Per la fama che ha, mi hanno detto, è più teorico che pratico, mentre invece le Università inglesi …sono tutta un’altra cosa. Non ne ero tanto sicuro quando sono partito, ma adesso assolutamente sì ! Sono molto più pratiche , anche con le altre materie, gli altri studi complementari con le arti. Vengono fatti molti, molti esercizi con le tue abilità ed insieme alle altre persone. Si crea quindi una vera e propria squadra.

Il corso teatrale che sto seguendo ora è l’unico corso teatrale di questo tipo che c’è adesso in Inghilterra. Si chiama TEATRO FISICO e bisogna mettere in conto che in Inghilterra i corsi di teatro ci sono in quasi tutte le Università. Non in tutte, tutte ma quasi. Specialmente intorno a Londra; non come qui che ce ne può essere uno a Bologna, una a Napoli, o, che so io, una a Roma.

Il teatro fisico consiste nell’agglomerare forme di teatro tradizionale con forme più sperimentali; come possono essere mimica, clowneria, arte circense, ecc. Mette insieme forme espressive del corpo e della mente.

Mi è stata molto utile la mia esperienza locale nel “Circo Tascabile”: c’è entrata e continuerà ad entrarci di tutto, compresi i palloncini per la strada.

Essere uno studente universitario a Londra è molto costoso. 

Adesso mi sono trasferito fuori Londra perché la mia Università è una succursale di quella londinese e si trova a circa un’ora e mezza dal centro. Lì i prezzi sono un po’ più economici, ma comunque per uno studente …è pesante.

Io non avevo mezzi miei per poter fare lo studente, ma in Inghilterra danno un prestito d’onore che ti ripaga gli studi, se te lo meriti. Se la tua richiesta/progetto viene accettata, se sei un cittadino europeo.

Le tasse sono 9000 sterline all’anno, quindi 27000 in tutto che lo Stato anticipa. Tu non vedi questi soldi, ma semplicemente non li paghi. Dopo, quando avrai finito l’Università ed avrai cominciato a guadagnare nel campo professionale per il quale hai studiato, comincerai a restituire questo prestito. Gli interessi sono molto bassi, quasi inesistenti e dopo 30/35 anni il tuo debito sarà estinto.

Credo si tratti di una buona cosa: anche se i costi universitari sono molto alti, ti danno la possibilità di studiare e prepararti anche se non hai i mezzi economici.

Io non potevo pagare le tasse universitarie ma ho potuto accedere a questo prestito d’onore. In più, ho avuto la fortuna di lavorare tre anni a Londra prima di frequentare l’Università e, se le cose non cambiano, in questo momento il Governo inglese offre anche un prestito per poterti mantenere.

In questo caso sono soldi che vedi, che arrivano direttamente sul tuo conto. Vengono dati anche ai migranti dopo che abbiano lavorato, fulltime, per tre anni nel Regno Unito.

Io ho fatto richiesta, con tutti i dati dei miei genitori, spiegando come essi mi aiutano e come non mi aiutano, fornendo tutta una serie di dati e circostanze controllabili. Alla fine il prestito mi è stato concesso. Sono quindi virtualmente indipendente, benché debba tanti soldi allo Stato inglese che mi ha dato tutte le possibilità di vivere piuttosto tranquillamente.

Questo prestito di mantenimento mi viene concesso soltanto se continuo a lavorare dalle 15 alle 20 ore settimanali. 

Nelle università inglesi con corsi più tradizionali, le lezioni sono di 20/25 ore settimanali. In pochissime altre arrivano, oltre al teatro, a 40/45 ore settimanali. Nella mia Università i corsi e le lezioni vanno dal lunedi al venerdi e spesso, con le prove ed i diversi progetti a cui lavoriamo, durano fino alle 20 o alle 21, per poi tornare a csa e studiare le cose meno pratiche e più teoriche.

Nei primi tempi non sapevo se ce l’avrei fatta a lavorare ancora e quindi a mantenermi il prestito, perché …anche se 15 ore settimanali non sembrano niente per un’attività lavorativa, ..mettendole al top, in cima ad altre 50/60 di Università, apparivano troppo faticose. Invece ho trovato lavoro in un pub. Un lavoro che non mi interessa più di tanto, che è vicino all’Università, che mi piace abbastanza. In precedenza ho dovuto lavorare molto e adesso una ventina d’ore non sono poi un sacrificio. 

Circa 70/80ore della mia settimana sono quindi riempite, piene, occupate con soddisfazione.

In questo pub faccio un po’ di tutto. 

Ho iniziato dietro al banco a servire i drink, vado anche al piano superiore a servire i clienti. E’ un pub non snob, ma forse un pochino sì. Con i drink serviamo anche i break ed i clienti mangiano, bevono e poi c’è anche il ristorante, in una piccola ala, per cui ogni tanto mi trovo pure a servire al ristorante. L’ultimo giorno, prima di partire per questa vacanza natalizia a casa, ho anche lavato i piatti perché non c’era abbastanza personale e con l’usa e getta l’ambiente non ci ringrazierebbe. 

E’ un lavoretto molto umile, che devo fare, che non mi dispiace fare e che mi ritroverò a fare per un periodo. 

Prima, quando abitavo proprio a Londra, ho lavorato molto più di adesso! Sono arrivato in Inghilterra a 18 anni e cercavo lavoro ma avevo la testa fra le nuvole, come si dice. Trovai lavoro: componevo panini nella cucina di una catena di pranzi a panino (sono molto comuni a Londra) e dopo due mesi che ero lì mi hanno fatto aprire un altro negozio della Compagnia, come manager della cucina. Dopo due soli mesi che ero lì, a 18 anni, che a malapena sapevo cosa ci facessi lì, mi vennero date un sacco di responsabilità ed è una cosa che io non ho mai capito, in effetti.

Ho sempre detto a mio fratello (lavora in un grande bar di Pontassieve), che se lui andasse a Londra diventerebbe capo di una Compagnia in un anno. 

Per circa un anno sono stato lì a fare il responsabile di questa nuova paninoteca, poi, considerato che il lavoro mi veniva piuttosto bene, ho cercato altre opportunità, meglio retribuite e di minor sacrificio. Ho avuto la mia occasione andando ad aprire un altro esercizio di pranzi/panino all’interno di un centro commerciale di lusso. In questa attività (non ero io il proprietario e neppure il gestore) di cui stavo al banco ed avevo la responsabilità di un buon servizio, eravamo in due e successivamente in tre.

Dopo sei mesi la Compagnia ha diversificato la sua attività: ha smesso di fare panini, dedicandosi ad un ristorante vero e proprio in un’altra parte di Londra ed ha invece lasciato me in quell’ambiente che, nel giro di un solo fine settimana, è stato trasformato in una gelateria di lusso. Con la stessa paga ho quindi cominciato a fare ed a servire gelati. Dopo solo sei mesi la gelateria si è ingrandita ed io ne sono diventato il manager, fino al momento in cui me ne sono andato per l’Università. 

Durante la mia esperienza di gelataio ho svolto tutte le procedure per l’Università, comprese le audizioni che lì sono necessarie ed obbligatorie. 

C’è tanta gente giovane e brava che và a Londra per diventare attore, forse io ho anche avuto una discreta fortuna. Nella mia Università fanno in media circa 10.000 audizioni di aspiranti studenti. Nel mio corso ne hanno presi soltanto 17. Si tratta quindi di una scrematura …piuttosto forte. In effetti mi hanno selezionato in questa scuola ed in un’altra soltanto, benché avessi fatto audizioni per cinque Università differenti.

Come audizione sarebbe stato molto interessante recitare un brano della Divina Commedia, ma chiedono sempre un pezzo di William Shakespeare, un monologo di due minuti; un pezzo moderno, vale a dire un monologo successivo al 1980, sempre di due minuti; un’opera varia e, a seconda di cosa vai a scegliere, ci possono essere canzoni, musical, ecc..

In un’audizione che ho fatto, mi hanno richiamato due volte, fino all’ultimo stage – ovvero fino all'ultimo confronto con un altro candidato -, anche se alla fine mi hanno detto di no ed hanno preferito dare il posto ad un altro. Mi avevano chiesto di creare un monologo personale su un’immagine, un quadro che mi mostrarono e mi dettero una settimana di tempo per realizzarlo.

Io me lo portavo al lavoro, sui mezzi e dappertutto il mio monologo; me lo ero scritto; me lo imparavo ripetendolo in ogni occasione e glielo ho portato come materiale di audizione. 

All’Università che mi ha accettato, invece, come prova mi chiesero di fare, insieme ad altri aspiranti studenti, un laboratorio sulla fisicita': su come uso il corpo per creare personaggi, su come il mio corpo sia collegato alle mie emozioni. Quasi tutti gli esercizi fatti nel laboratorio per l'audizione sono esercizi che ripetiamo spesso anche durante le lezioni attuali.

Insomma, vogliono vedere un po’ come lavori, quanta attenzione poni nel lavoro, quanto sei serio ma non solenne, quanto sei aperto e quanto sai essere professionale. 

A Londra ci sono tante occasioni da cogliere. Le possibilità ci sono e se tu sei disposto ad andarci contro, anche a sbatterci la testa se necessario, puoi affrontarle e gestirle.

Io credo di non essere niente di speciale ed ho visto che anche per diventare manager non mi ci è voluto tanto. Ho dovuto più che altro dimostrare umiltà, volontà, rispetto per le altre persone, disponibilità a fare ed a darmi da fare.

Vedo che spesso ci sono invece delle persone che si lamentano: “ non succede niente; mi avevano detto che avrei avuto questo e quello, ecc. “. 
Secondo me non succede niente perché non hanno fatto niente affinché succedesse. Non ci hanno provato fino in fondo, non si sono dedicati con tutti loro stessi.

Quando sono arrivato a Londra, pur avendo già lavorato in Italia, ho trovato tutto molto differente ed ho dovuto lavorare tante ore tutte di seguito, ho dovuto pulire, lavare i piatti, ecc. . Non è che fosse un paradiso! Anzi, ero piuttosto sciokkato dal sistema capitalistico che mi schiacciava in questa macchina del lavoro. Però ho tenuto duro. Ho trattenuto il fiato per tre anni, facendo lavori che non mi piacevano, che non mi interessavano. Ho dovuto fingere interesse per cose che non ne avevano, per questa macchina che mi faceva sopravvivere dandomi i soldi che necessitavano. L’ho accettato, ma …. Comunque lo rifarei ! Ora che ci ripenso. Ero un po’ in apnea perché non avevo mai tempo, ero sempre costretto a rimandare,… Ho aspettato tre anni prima di fare domanda all’Università perché volevo sentirmi pronto con la lingua, come persona, ecc..

Non rimpiango questi tre anni perché mi sono serviti a capire cosa è il lavoro, cosa siano la determinazione e la volontà; il doverci lavorare sopra all’obiettivo che vuoi raggiungere. 

All’inizio era tutto molto difficile, poi piano piano, mi sono ambientato. Ho frequentato un corso di inglese per passare un test che si chiama IELTS, per poter avere una certificazione per essere accettato all’Università. Non è un corso troppo difficile, però il certificato occorre ed io volevo essere sicuro. 

A quel corso ho conosciuto una ragazza: Carolina, romana. Con lei ho messo su casa, ma non nel senso che eravamo fidanzati, avevamo interessi in comune e un cammino che si era previsto simile; anche lei lavorava e studiava per entrare in un'universita' di cinematografia. Voleva fare la regista. Per questo ci siamo trasferiti insieme e con lei ho conosciuto anche altre persone, italiane e straniere.

Una cosa che mi faceva un po’ arrabbiare era il fatto che a Londra mi era difficile incontrare e conoscere persone inglesi, da quanto era piena di stranieri: migranti, turisti o quello che è, spagnoli, musulmani, greci, polacchi, italiani, ecc. Mi ritrovavo a parlare inglese con stranieri ed il mio inglese un po’ rimaneva lì perché non coglievo l’essenza vera dell’Inghilterra e me ne facevo un’idea molto diversa da quello che è; molto diversa da quella che ho scoperto solo dopo.

A Londra passi il tempo a fare il pendolare per ore, poi devi lavorare e poi rifare il pendolare, semplicemente, per ore ed ore. Devi spostarti sempre.

Ci sono però dei piccoli centri. Dopo anni che abito lì, ho capito che ci sono come delle piccole cittadine all’interno della grande Londra e quindi puoi semplicemente scoprirti e ritrovarti lì con i tuoi amici. 

Vivendo in un district puoi anche riscoprire un po’ il fantasma dello spirito inglese. In quel caso, stando con amici, puoi fare le cose che facevi in un paesino italiano. In città mi era molto difficile uscire la sera, perché è molto costoso e poi io non sono il tipo di andare per locali. Per me va bene prendere un caffè in compagnia o semplicemente ritrovarsi a chiacchierare, fare giochi e cose simili. 


I vari stereotipi sugli inglesi sono abbastanza veri. Ci sono, altrimenti non sarebbero stereotipi. Anche sul lavoro ne ho visti. Ci sono tipi inglesi che ti chiedono un caffè con quell’aria un po’ così, abbastanza snob. Non è proprio come mi aspettavo di incontrarne, ma ci sono. 

Fino ad oggi, comunque, non ho conosciuto molti inglesi e gli stranieri non mi hanno chiesto troppe cose di me. I rapporti sono stati più uno scambio a due binari: loro mi facevano i pierogi (pronunciato “pieroghi”), un piatto tipico polacco e noi facevamo la parmigiana , per esempio. Ecco, cose del genere. Si scherza molto sulle nostre reciproche abitudini, ma è più uno scambio spontaneo che non un chiedere le cose direttamente.

Adesso che sono all’Università e sono circondato da inglesi, mi sento molto più italiano di quanto non mi sentissi prima. Sono l’unico italiano fra inglesi e quindi mi sento molto più esposto, sebbene non mi facciano così tante domande. Sicuramente sono curiosi di sapere le mie abitudini o quello che faccio. Molto spesso mi ritrovo anche a non saper rispondere perché tre anni passati a Londra mi hanno un po’ scombussolato la mente e quindi mi hanno cambiato un po’ le abitudini facendomi dimenticare un po’ del vecchio. Per esempio, questa domanda che mi hanno fatto recentemente: “ cosa mangiano gli italiani a Natale ?” 

Lì per lì non sapevo cosa rispondere, avevo in mente i tortellini ed ho detto quelli, però poi non mi veniva più in mente altro. Anche perché erano ormai tre anni che non tornavo in Italia per Natale. Molto spesso mi trovo un po’ in difficoltà, devo essere sincero, però mi sento anche molto più italiano di prima.

La brexit per adesso ha influenze soltanto sui miei sentimenti personali perché a livello amministrativo non è cambiato niente. E’ stata una delusione estrema questa della brexit .

Io sono andato a Londra per tanti motivi: ricerca di indipendenza, voglia di rinnovarmi e conoscere ancora una volta altre persone ed ambienti; perché io ho sempre cambiato scuola e sono sempre stato nuovo nei vari ambienti ed avevo voglia di misurarmi ancora con dei cambiamenti molto differenti, amici nuovi, ecc.. Sono arrivato in Inghilterra con tante aspettative ed ero contento, ma poi…una volta trasferitomi, per l’Università, in quella parte di Inghilterra che si chiama Essex e che è stata il fulcro del voto brexit, sono rimasto influenzato in un modo in cui non avrebbe dovuto influenzarmi. Se prima avevo le idee chiare su quello che avrei voluto fare: restare in Inghilterra per fare teatro, adesso…non sono più tanto sicuro. Non mi sembra che l’Inghilterra, pur per il molto che mi abbia dato, se lo meriti poi tanto che io rimanga, a fare arte o comunque a lavorare al mio meglio. Perché ci sono tanti e tanti inglesi che sono troppo ignoranti anche per comprendere quello che io voglio dire e rappresentare. 

Sempre di più mi sto accorgendo anche dei difetti degli inglesi. 

Sono sempre più attento a leggere articoli di attualità e di politica che riguardano la società inglese, tanto che con l’Italia mi ritrovo un po’ indietro, circa quello che succede. 

Seguo piuttosto ciò che accade in Inghilterra e non trovo tante differenze, quante invece ne vedevo prima, rispetto all’Italia: 

Anche in Inghilterra c’è il partito simile a quello di Salvini; c’è il partito della sinistra (cioè non c’è!) e c’è quello della destra, vale a dire i Conservatori. 

Hanno però un diverso modo professionale e serio di affrontare le cose e quindi, alla fine, riescono quasi sempre ad arrivare ad un compromesso. 

Non è che io condivida del tutto le idee con loro. Adesso, per esempio, ce l’ho su con la Theresa May, o meglio: non mi piace molto, ma sicuramente è seria, ecco! E…non mi spaventa più di tanto. 

Brexit è senzaltro un fenomeno di nazionalismo e di populismo, ma io un po’ lo ringrazio questo Brexit , perché mi ha fatto capire che non c’è solo l’Inghilterra e soprattutto che io non mi sento né inglese, né italiano al 100 per cento! Io mi sento, grazie soprattutto a Londra, più che altro un po’ cittadino del mondo. Non voglio farla troppo melensa la cosa, però, in fondo, è una cosa vera questa, perché io sento, qui, di essere a casa, ma non meno che a Londra ed a Londra non meno che in un altro posto che vorrò visitare o che vorrò conoscere. Non mi sento di avere troppe radici ecco! E mi va bene così!

Per adesso la retorica definizione di cittadino del mondo mi calza abbastanza. Poi, ,,,si cambia col tempo e quindi …vedremo dopo. 

Quando torno a casa, qui in Italia, sento di avere qui un nido, perché ritrovo i miei genitori, gli amici più stretti che mi rimangono e che ancora si contano su…mezza mano, mio fratello, i miei parenti. Sicuramente tutti loro mi danno un’emozione positiva, ma l’Italia, generalizzando un po’ il discorso, non è che mi stia proprio stretta…, ma è questa società che mi opprime. Non è l’Italia, non è l’Inghilterra, non è qualsiasi altro posto! Semplicemente non c’è un luogo perfetto in cui io possa stare, perché non mi piace il modo in cui le persone sono costrette a lavorare una vita intera per cose che credono di volere. Quando, invece, io considero le arti molto più importanti per la persona, per l’umano, rispetto al lavorare in fabbrica! Non perché io sia su un altro livello, superiore, ma semplicemente perché a livello umano l’arte è un’altra cosa! Ti riempie l’arte!

Quindi, credo si possa capire che per me …vivere in un mondo in cui metà delle persone è impegnata su un lavoro che non li arricchisce dentro, (che però ho fatto anche io) che è lacerante per l’essenza dell’esistenza, …uuffh! Non so come anche i miei genitori l’abbiano potuto fare. 

Lo scopo della vita dovrebbe essere esprimersi, ….e crescere attraverso l’arte.

Purtroppo, a causa del mio trasferimento e con il cambio di indirizzo, questo ultimo Referendum non ho votato, anche se ero molto, molto invogliato a farlo. Se non altro per questa continua polemica sul voto degli italiani all’estero che sembra essere sempre decisivo.

Votai per il Referendum sulle trivelle perché avevo il recapito qui e ricevetti in tempo la lettera ministeriale, la firmai ed andò tutto a posto, mentre per quello dello scorso 4 dicembre, mannaggia! Non ho potuto districarmi in tempo nella necessaria burocrazia. Se un italiano che vive all’estero segue le varie notizie, credo sia importante che possa esprimere il proprio parere elettorale. 




Mi piacerebbe vedere attuato anche in Italia l’impegno che hanno gli Inglesi nel concretizzare al meglio il loro lavoro e ciò che quel lavoro produce. La possibilità che hanno gli inglesi di dare il feed back (pronunciato “fid bek”), cioè la critica costruttiva su tutto ciò che fanno od utilizzano: vai in un ristorante e dai la tua critica costruttiva; ti servi del treno e rilasci la tua critica costruttiva. 

Poi ci sono anche tutti i vari lavori, ai quali io non sono interessato e che per me dovrebbero essere aboliti, dove i clienti/utenti, direttamente o via internet, dicono cosa sarebbe meglio cambiare e tu, operatore, da singolo, fai il cambiamento richiesto o suggerito.

E’ ovvio che con questo sistema si ha un’ulteriore possibilità di migliorare il proprio lavoro. Una possibilità che ci viene fornita proprio dall’utilizzatore del nostro lavorare. 

In Italia non c’è molto la cultura del feed back e sicuramente non sarà la cosa più importante, ma ritengo che sarebbe positivo che gli italiani potessero contare sul giudizio del cliente sulle attività che svolgono per lui, prodotti o servizi che siano.

A me piacerebbe anche che gli inglesi fossero un po’ più spontanei e meno costruiti. Io lo apprezzo, mi piace, ma dopo un po’ mi stucca tutto quel loro “thank you, thank you, sorry, sorry”. Sono molto gentili e molto carini ma, alla fine dei conti, quando la giornata va male, sanno essere acidi come non si sa chi. 

Per cui, l’onestà e la franchezza italiane, che noto quando torno qua, appaiono buffe ma sono meglio. Noi siamo molto più diretti e meno cortesi, per cui dimostriamo di saper dire quel che pensiamo mentre loro sembrano molto più cortesi ma sono anche snob e non spontanei.

Inoltre, ho notato in classe mia che per l’educazione, o meglio per la formazione, gli inglesi non hanno molto la capacità di collegare gli argomenti o di avere una visione generale di tutte le materie studiate. 

Quello che facciamo per il diploma nelle superiori in Italia è incredibile! Dobbiamo conoscere molte materie; dobbiamo sapere come collegare i vari programmi delle molte discipline differenti; dobbiamo saper fare riferimenti esterni, ecc. Gli inglesi che ho conosciuto nella mia classe non hanno idea di come farlo; non sanno farlo perché loro sono molto più pratici. Studiano solo quelle due o tre materie a cui sono interessati, ma non hanno una grande conoscenza al di fuori di quelle. 

Credo che ciò sia dovuto anche al fatto che conoscono poco le lingue straniere; ovunque vadano riescono a farsi comprendere con la loro lingua madre in quasi tutti i paesi stranieri, per cui si adagiano un po’ su questo privilegio.

Ho conosciuto però anche molte persone di grande cultura, ma i miei coetanei, devo dire, ancora sono …un po’ indietro.

Per adesso sono al primo anno di Università e ne ho davanti altri tre. Nessuno sa dove mi porterà questo mio studio dedicato al teatro: Inghilterra, Italia o altro.

Nel mio corso mi pare che il 99% degli allievi venga assorbito, abbia cioè un futuro nella professione artistica. Vedremo.

Per mantenere i contatti con l’Italia non è che abbia dei canali privilegiati, né che ne abbia molti. Il più popolare è Face Book che mi da notizie in tempo reale.

Leggo anche dei giornali su internet, ma la maggior parte delle volte sono dei link a lato di Face Book. Poi ci nono i miei familiari che mi danno notizie, che mi raccontano cosa è successo ed io vado a vedere per approfondire.

In generale, si può dire che sono le persone che conosco a dirmi cosa và succedendo in Italia ed io, dopo, approfondisco grazie alla rete nelle sue varie articolazioni.

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