ANGELA TRA LE REGINE


Storia di Angela Rovida A cura di Maria Luisa Ialeggio

Stare con le api è una passione, e così deve essere,
tutto quello che viene dopo altrimenti non lo reggi…


Ciao sono Angela ed ho 43 anni, abito qui a Reggello da quando ho deciso di fare l’apicoltrice.

Benarrivata….quest’acqua un dà pace, una di quelle giornate così piene d’acqua che ti senti bagnata fin dentro il midollo, ti vorrei far veder il laboratorio ma con questo tempo, vabbè invece ti presento sei regine, ecco vedi, sono quelle con il puntino verde sul dorso. Sono delle instancabili viaggiatrici, girano e girano proprio come sarebbe garbato a me.
Io da ragazzina volevo girare il mondo , allora mi son messa a studiare lingue, ma poi ho cambiato idea e mi sono adattata a lavorare nel laboratorio di famiglia ma ero irrequieta, sempre li a fare gli stessi movimenti, sempre in piedi, il mastice….nel frattempo si erano affacciate le api nella mia vita attraverso un conoscente dei miei genitori che arrivò con un vasetto di miele fatto da lui, questa cosa mi ha incuriosito ed è lì che è scattata la molla che mi ha dato la carica che ancora è capace di farmi portare avanti quella che è diventata la mia scelta di vita. 

Sono andata al primo corso di apicoltura nel ’95 prima dell’università, è stato grazie alle api che sono tornata a studiare, al corso conobbi una ragazza che mi parlò di questo percorso universitario “gestione della fauna selvatica” e la cosa mi affascinò, a 25 anni iniziai l’università per decidere poi di fare una tesi sulle api : Allevamento e prodotti derivati dalla lavorazione, cera, propoli, miele, pappa reale, veleno, ma qui a Firenze trovai difficoltà perché in zootecnica l’ape non è considerata animale da allevamento, ma di competenza degli entomologi, perciò per trovare un professore di tesi mi spostai a Bologna all’Istituto Nazionale di Apicoltura. 

Li mi si è aperto un mondo di conoscenze e di opportunità, conobbi molti apicoltori, iniziai a frequentare ARPAT, un associazione di tutela degli apicoltori, nel frattempo facevo pratica con le mie arnie. 

In quel momento la situazione dell’apicoltura era in mano a pochi professionisti, un mondo di hobbisti e soprattutto pochi giovani, c’erano prevalentemente vecchi, ed è a loro che inizia ad insegnare, soprattutto corsi per la gestione trattamento delle malattie, poi nelle aule universitarie, e benché fosse un corso facoltativo e con pochi crediti era sempre pieno, tanti ragazzi che avrebbero voluto fare gli apicoltori. 

Nel frattempo arrivò il figlio a sorpresa, che come tutti i figli ti porta a sentire impellente l’esigenza di mettere su casa, e la casa ideale per me era proprio questa, vissuta ed amata nelle lunghe estati dell’infanzia quando da Firenze si veniva a prendere il fresco su a Reggello, in questo piccolo borgo fori dal paese, vicino al bosco dove ci si conosceva tutti, un sacco di parenti che per tutta l’estate stavano e passavano. 

Era del mio nonno che l’aveva in affitto dalla curia poi i miei genitori potettero comprarla ma non ci abitava fisso nessuno, e così con Alessandro, il mio compagno cominciammo a stare nella parte di sopra, ma poi in estate fra tutti s’era troppi e in seguito decidemmo di rimettere a posto questa parte solo per noi che erano le cantine… Io ho fatto le cose all’incontrario, prima il figlio, poi la casa poi la laurea. 

Nel 2002 nacque Lorenzo, lui era piccino quando io ebbi la possibilità di partecipare al “PROGETTO LEONARDO” che prevedeva uno stage di sei mesi in Germania, in un istituto di ricerca, i miei mi incoraggiarono a non perdere l’opportunità e furono 6 mesi di avanti e indietro mentre Alessandro ed i miei genitori stavano qui con lui o qualche volta lo portavano da me. 

Lì erano bravissimi, rigiravano le api come calzini, ho fatto un corso per imparare a inseminare le regine, ed a quel corso ho conosciuto una ragazza che mi ha aiutato a capire meglio la lingua ed i termini tecnici, visto che parlava italiano, con lei sono ancora in contatto, è anche venuta qui da un apicoltore che conosco per imparare a fare la pappa reale perché lì da loro non la fanno, ora ci scriviamo, io in italiano e lei in tedesco, e l’anno scorso sono andata a trovarla, così m’è servito anche il linguistico . 

Al ritorno il mio professore mi consigliò di partecipare al bando PSR Piano di Sviluppo Rurale, in quanto giovane donna e apicoltrice avevo buone possibilità, così ho deciso, ho preso e son partita, presentai il mio progetto per avere 40.000 euro dalla comunità europea ed ho speso tutto per l’azienda. Il rovescio della medaglia è stata tutta la trafila burocratica gestita dall’ARTEA ed il mio controllore, una donna che mi ha fatto vedere i sorci verdi, era una persona sgradevole, altezzosa, non dormivo per l’ansia di sbagliare, da li ci ho fatto il giuro, mai più finanziamenti in vita mia, la cosa assurda del sistema è che ti controllano per 5 anni, poi se vuoi potresti dare foco a tutto. 

Comunque di positivo c’è tutto questo, e finalmente il lavoro che volevo fare, è un lavoro molto diverso dagli altri, intanto è stagionale, poi tutto il tempo fuori, dalla primavera a fine estate sparisci, vita sociale annullata, comunque cambiano le frequentazioni, i miei vecchi amici sono tutti a Firenze, qui a parte qualcuno per via della scuola conosco pochi, ma con quei pochi condivido un mondo, stessi interessi, stessa “lingua”, sono persone del GAS Terra libera tutti di Reggello, con loro si fa il pane, l’orto condiviso, c’è l’amore per il ritorno alla terra per la scelta dei semi, se pensi queste cose da sola dopo un po’ ti par di essere troppo strana, invece con loro ti senti a casa. 

Del mio lavoro e di quello degli apicoltori la gente in realtà conosce poco, non è molto chiaro per esempio che noi facciamo un servizio all’umanità gratis, l’impollinazione , in qualunque busta della spesa c’è il frutto del lavoro delle api, anche se uno mangia la carne per esempio, è grazie alle api che le mucche possono mangiare erba…e su così , Einstein disse che se le api scomparissero dal mondo all’uomo rimarrebbero 3/ 4 anni di vita… pensa che in altri paesi lo stato riconosce all’apicoltore un piccolo indennizzo simbolico per questo lavoro, in Italia figurati !! 

Le api sono un mondo di femmine, il maschio, fuco, insemina la regina durante il volo, volano fino a 15 metri di altezza, a settembre poi i fuchi vengono buttati fuori dall’alveare e durante l’inverno non esistono nemmeno più . 

Si pensa che la regina sia quella che guida ma non è vero niente, quelle che comandano sono le operaie, sono loro che se vedono che la regina non è più produttiva la buttano fuori, oppure sembra molto categorico che per ogni alveare ci sia una regina invece non è così a volte mi è capitato di aprire a settembre e trovarne due, che convivono e non si danno noia… non credo che ci siano certezze assolute, è un mondo interessante tutto da scoprire, in apiario ci sono mille possibilità. 

Per lavorare bene bisognerebbe cambiare alcune regole sull’agricoltura, per esempio un ente certificatore BIO richiede che la collocazione delle arnie debba essere documentata con un inventario cartografico, lontana almeno 1 km da fabbriche chimiche, inceneritori, discariche, autostrade, ed in una zona dove vi siano colture di arbusti, alberi o erbacee in grado di garantire una fonte nettifera naturale e non trattata, ma poi se c’è qualche stronzetto vicino che ti fa il trattamento con i pesticidi non puoi saperlo. 

L’uso delle sostanze chimiche in quantità elevate danneggiano le culture e le api, ma questo a parecchi agricoltori non frega un gran ché, e nemmeno a chi fa le leggi; io non sono certificata biologica perché le api non sono mucche, non stanno in un recinto, volano per distanze da tre fino ai sette km se trovano una fonte nettifera, e allora come si fa ad avere la certezza?

Ci vorrebbe più sinergia tra apicoltori e agricoltori, qualcuno per esempio quando fa colture particolari tipo il girasole ti chiama, ci si fa un piacere a vicenda perché le api impollinando permettono la produzione di più frutti .

Per l’attestazione del biologico fanno il controllo sulla cera, non sul miele e per questo è necessario non trattare le arnie con acaricidi ma con prodotti naturali, e su questo per me non ci piove.

L’Italia è un apiario intero, le mie api toccheranno il volo di altre api e così via fino ad arrivare in Sicilia, e questo è buono, è provato che esistano dei luoghi di raduno dei maschi così che le regine hanno alte probabilità di non fecondarsi con i propri fuchi.

Prima per fare il miele era un'altra storia, le api stavano in contenitori di paglia e terra o di legno, a forma di campana, i “ bugni villici”, per l’estrazione del miele però si faceva un apicidio visto che i favi venivano torchiati o le api fumigate con i vapori di zolfo, e questa pratica c’era su tutto il territorio italiano, dalla fine dell’800 si cominciò a conoscere ed usare le arnie ma a farlo erano soprattutto i proprietari terrieri, i commercianti ed i religiosi nei conventi, ma i contadini che non avevano i soldi per comprare l’attrezzatura continuavano con i vecchi metodi. 

L’uso delle arnie prima e l’estrazione del miele per centrifugazione dei telai poi sono state innovazioni che permettevano di salvare gli sciami, visitare le api, di riconoscere le regine e fare nuovi sciami, questo ha favorito anche il commercio e proprio per aumentare i profitti, fare scambi anche con altri paesi; è stato così che dall’Asia si è importata la varroa, più o meno nel 1980, un acaro considerato flagello degli apicoltori poi con il tempo abbiamo trovato il modo di contenere i danni dell’infestazione attraverso controlli annuali e tecniche speciali

La tecnologia ha aiutato in questo lavoro, prima gli apicoltori si portavano i bugni sulle spalle fino in alta montagna, oggi con i camion è diverso, comunque resta che i melari pesano ed i melari vanno levati a mano, e per me che sono anche minuta è molto faticoso, ho deciso di fare la pappa reale perché con il miele mi distruggo. Per fare la pappa reale invece il lavoro più che altro è di precisione, non a caso nelle aziende produzione familiare è un lavoro fatto dalle donne. 

Questo lavoro non lo possono fare tutti, prima ti devi ammalare delle api, io e gli apicoltori che conosco se ci incontriamo ad una cena non si fa altro che parlare di api, è una passione, e così deve essere, tutto quello che viene dopo altrimenti non lo reggi, il caldo, le punture, la fatica, le sudate a far le corse… 

Anche io a volte mi chiedo chi me lo fa fare, poi smielo tantissimo miele e mi piglia bene, come quando devi scalare una montagna, che prima di arrivare ti sembra impossibile, poi quando si arriva in cima capisci perché. 

Non è un lavoro collettivo, si può fare anche da soli, ovviamente essendo stagionale se sei solo quando c’è lavoro ci vorrebbero 10 mani, si lavora meno in inverno ma devo comunque organizzarmi, preparare i vasetti , etichettare, fare i mercatini, poi c’è da attaccare la cera ai telaietti, questo ti permette di avvantaggiarti per l’estate. 

Nella stagione più tranquilla preparo i melari, compro tutti gli anni i fogli di cera, quelli usati li sciolgo e li porto in fabbriche dove li rifondono e mi ridanno i fogli cerei, poi io li monto sui telai che ricompro ogni anno, hanno la cornice di legno con un filo di ferro teso dove io stendo il foglio cereo, a riusarli o a comprare roba usata c’è il rischio di beccare malattie per un accumulo di batteri sul materiale. 

La mia giornata tipo scorre così, la mattina è dedicata alla pappa reale, è un lavoro certosino e va via mezza giornata, poi c’è da girare da apiario ad apiario a controllare tutte le casse, che non sciamino, a mettere i melari, che non ci siano malattie, e se son da curare bene se invece sono infestati dalla peste Americana non c’è altra maniera che bruciare tutto. In ognuno passo ogni 7 / 10 giorni, gli apiari stanno fermi ed io giro, faccio nomadismo; a casa tengo gli apiari per la pappa reale gli altri sono a giro per il Valdarno, tengo tra le 20 e le 40 casse per posto. 

Le api ti portano in posti bellissimi a conoscere gente bellissima, per mettere le arnie devi chiedere il permesso e la gente è abbastanza disponibile. 

Oltre al lavoro diretto mi piace parecchio l’attività di consulenza e formazione : mi ci vedrei come formatrice, una figura nuova, tanti giovani si stanno affacciando a questo mondo, oppure come consulente, mi capita di seguire le arnie di altre persone che preferiscono tenerle nei loro terreni ma poi non sono tanto pratici, a volte mi telefonano e faccio consulenza così per telefono perdendoci un monte di tempo, non sanno riconoscere se c’è la regina o vedere se c’è l’uovo; sono legati ad una mentalità allucinante con le medicine, specie i vecchi, fanno cocktail che si inventano convinti di essere nel giusto perché “hanno fatto sempre così”. 

Molti hobbisti fanno troiai, sono praticamente allevatori di varroa, non sanno tenere le api perché non sono portati o non hanno tempo e nemmeno tanta preparazione, però fanno anche comodo ai professionisti perché creano un mercato ricomprando le api che gli muoiono, e hanno sempre bisogno di imparare. 

Io faccio da tempo attività di divulgazione e didattica attraverso lezioni nelle scuole, vorrei fare un apiario didattico, sono tutti terrorizzati dal fatto che le api pungono, ma questo va messo in conto, non è un dramma. 

Il bello di questo lavoro è che mi ha permesso di rivestire più ruoli: studente, insegnante, consulente, piccola imprenditrice, divulgatrice didattica. 

Comunque tanto lavoro e quattrini pochi, prima della varroa ci sono stati apicoltori che hanno fatto i soldi, casa, capannone, mezzo.

Ora sopravvivi, lo puoi fare come integrazione ad un reddito fisso, noi si riesce a vivere anche con poco, non ci interessa a spendere in vestiti, uscite, auto, anche perché sposi una vita che ti tiene sempre qui, a lavorare, ti abbrutisci… 

Io sono titolare e lavoratrice, ora ho con me una ragazza che vuole imparare ma non la posso pagare, ci sono periodi in cui entrano soldi in altri no, menomale che c’è un'altra entrata fissa con Alessandro.

I guadagni arrivano per la vendita del miele, della melata e della pappa reale che si fa tramite passaparola, mercatini, attraverso i GAS; a conferire alle cooperative che poi te lo rivendono c’è poco margine, e non è giusto che io lavoro e loro ci guadagnano. 

Poi vendo gli sciami: per creare l’alveare devi avere tante femmine operaie ed una regina e dovresti pure imparare a farti una regina, e per chi non lo sa, ecco perché vedi questa scatolina con le regine, che anche loro si possono vendere. 

L’apicoltura in passato non conosceva l’apicoltore professionista, ogni fattoria aveva le sue 3 o 4 arnie, tanto da produrre il miele per tutta la famiglia, da assicurarsi i prodotti tutto l’anno, sarebbe bello passare questa testimonianza e riprendere questa usanza, così ognuno si crea la sua piccola produzione, magari anche un gruppo di famiglie come un GAS, ora poi è un periodo in cui c’è ritorno alla campagna… sarà una scelta in tempo di crisi, comunque fa bene per riappropriarsi di cose concrete per la soddisfazione del risparmio e garanzia di qualità, i ritmi conciliano con la famiglia, lavoro stagionale, ne vale comunque la pena. 

Per me è stata la scelta ideale , la mia famiglia comunque nonostante l’appoggio concreto continua a fare resistenza, lo considera un lavoro duro, più ovvio per loro che lavorassi in laboratorio; la gente è affascinata a sentirne parlare ma nel quotidiano sei sempre sporca, vai a giro con patacche di propoli sui vestiti e ti guardano strana, puzzi di fumo per via dell’affumicatoio.

Io faccio il mio, non conosco la gente del paese col fatto che vengo da Firenze e che la casa è parecchio fuori, i paesani però sanno chi sono, quando scendo ogni tanto qualcuno mi riconosce il ruolo di esperta e mi vengono a chiedere consigli, tipo se le vespe e le api sono la stessa cosa…... 

Prospettive per il futuro? Per via del finanziamento mi hanno fatto un po’ passare la voglia, i guadagni sono quelli che sono, il prossimo anno mi tolgo dal regime ordinario che era richiesto per ottenere il finanziamento e torno al forfettario, almeno c’è più margine. 

Da qui a 10 anni non lo so, molta incertezza, mi mancheranno le forze? Ci vuole forza fisica, la maggior parte degli apicoltori sono uomini, spero di poter avere un socio, meglio se uomo, lavorare da sola non mi piace. 

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