IN CORSA ATTRAVERSO IL DESERTO

Storia di Karen
A cura di Daniela Bencivenni

Mi chiamo Karen, ho 23 anni e vengo dalla Nigeria del sud. Karen è uno dei nomi che mi hanno dato, per l'esattezza è quello del Pastore, sono cristiana Battista, altri nomi mi sono stati dati da mia madre e da mia sorella, tutti da noi hanno più nomi dati dalle persone che ci sono più vicine (come se il nome definisse meglio il rapporto con quella particolare persona), anche la mia bambina ha quattro nomi.
Lasciai la mia casa nel 2013 tre anni fa, ma prima non avevo mai pensato di lasciare il mio paese, stavo studiando, ultimo anno di liceo, e mi piaceva la vita che facevo. Ma qualcosa è successo nella mia famiglia e mi ha fatto pensare di andare in un altro paese africano. Penso che fosse il mio destino di andare a stare lontano, da piccola una persona mi aveva predetto che me ne sarei andata via. Il problema con la mia famiglia......è una storia complicata...è legata al fatto che da noi ci sono gruppi di persone che si mettono insieme per delinquere, un po' come la mafia, e si avvalgono anche della magia per proteggersi o per fare riti di potere. Mio padre aveva due mogli e quasi 18 figli, 4 maschi e 14 femmine, la mia mamma viveva con me ed altre sorelle e fratelli miei in un' altra casa, erano praticamente separati. Inizialmente le cose andavano bene a mio padre che aveva un buon senso per gli affari, ma poi si trovò in povertà (e non sapeva come fare per mantenere tutti). Alcuni amici gli parlarono di un gruppo che lo poteva aiutare a ritrovare il benessere economico tramite dei riti potenti di magia nera, loro non sono cristiani. Tutto funziona se ti metti nelle loro mani, loro ti sostengono ma diventi anche loro proprietà. Non sei più una persona libera. A mio padre erano stati dati una serie di elementi per adorare e pregare queste entità, ma non dovevamo essere più cristiani. Mio padre trovò un buon lavoro e un buon stipendio, ma si trovò anche debitore verso questa setta segreta, e non solo lui, ma anche tutta la famiglia. 

A casa della mamma, che era un'ostetrica, andavano talvolta a trovarla dei Testimoni di Geova, ma se c'era mio padre li mandava via. Il babbo faceva un rito particolare e chiedeva alla mamma di andare con lui e lei, che era sempre innamorata, acconsentiva. Da quando mio padre era entrato nel gruppo nemmeno la moglie e i figli dovevano essere più cristiani...........

Fino a quando avevo 15 anni mio padre era stato molto affezionato a me, ma dopo questa scelta, vedendo che continuavo a frequentare i cristiani era molto irritato, ed io ho rafforzato questa mia decisione... Mio padre ruppe poi il patto con il gruppo e rivelò il segreto della sua appartenenza a questa setta alla mamma, lo fece per proteggere la famiglia. Mia madre parlò con i quattro figli rimasti a casa. Io pensai........di fuggire a Lagos ma questa setta era comunque diffusa in tutta la Nigeria e mi avrebbero trovata in ogni caso. Allora andai a incontrare il mio Pastore che era una brava persona e che mi inviò ad un Pastore "molto potente", il quale mi disse che dovevo andarmene e che aveva un amico che andava e veniva dal Benin per commercio e nel maggio 2013 lasciai la Nigeria attraverso il Benin. 

In Benin pensavo di rimanerci, mi trovavo bene, aiutavo una persona che era distributore di carni dal Niger. Sono stata 6 mesi da loro, ma la moglie di lui era gelosa e c'erano spesso dei litigi, per questo ho pensato di andarmene via. Una persona che lui conosceva mi convinse ad andare in Niger ed ancora meglio, da lì a partire per la Libia, dove avrei potuto lavorare facendo le treccine ai capelli, cosa che mi riusciva bene e dove avrei trovato altri nigeriani. Non sapevo nulla della situazione in Libia e così andai con lui. Attraversammo il Sahara con una jeep in quattro giorni, dopo esserci persi almeno una volta. Arrivammo in Libia, prima in una casa a Sabha e poi a Tripoli dopo due giorni. Un uomo arabo aveva pagato per il mio arrivo, perché lavorassi per lui. Lavorai per alcuni mesi facendo lavori domestici, poi a luglio scoppiò la guerra tra Zawiyah e ...Garagusa, inizialmente sembravano incursioni brevi, ma era una guerra etnica, una guerra "sacra", arrivavano a stuprare i bambini a ad incendiare le case. A settembre 2014 sembrava che si fermasse ma poi tutto ricominciò. Arrivavano, davano fuoco alle case, presero tutte le ragazze e le stuprarono, poi le rimandarono via. La prima volta mi misi in salvo nascondendomi tra le capre, ma la seconda mi presero...Un'altra volta mi fu detto di scappare da una donna e tornando vidi che la mia casa era bruciata. Avevo un ragazzo in quel periodo, avrei voluto seguirlo, perché andava via ma non ero più sicura di nulla, avrebbe potuto vendermi ad un'altro uomo bianco e pensavo “Dove posso scappare adesso?”

Mi unii ad un gruppo di nigeriani che correvano come matti. Intanto l'uomo arabo era già scappato con la sua famiglia, dimenticandosi di me nella confusione generale e solo successivamente ha chiesto a suo fratello di tornare a cercarmi per salvarmi. Lui ci ha trovati e ci ha fatto salire su un pick-up e siamo andati a zig-zag per non farci trovare, verso il mare. L'uomo sapeva già che molte persone scappavano via mare e cercava di unirci a loro. Lungo la costa ci siamo nascosti dentro a cabine abbandonate....Il fratello dell'arabo aveva un fucile e ci spingeva ad andare avanti...e a non fare tante domande...fino alla costa, dove ci siamo uniti ad un gruppo che stava salendo su un barcone...o meglio un grande canotto..

Non c'era controllo, tutto avveniva di notte, se sei arrivato lì devi aver pagato per forza qualcuno. Quando stiamo per partire chiedono chi sa guidare una barca. I libici non le guidano anche se organizzano tutto..

E' un qualcosa di illegale ma tutti sanno bene cosa succede..chi guida la barca è in genere uno di noi...uno che non c'entra col business..so che a volte anche gente che non ha mai guidato dice "..io posso guidare.." pur di poter partire. Tre persone vengono scelte, uno è incaricato della guida, uno col cellulare per avvertire all'arrivo e uno con un' altro telefono per comunicare con il proprietario libico della barca. La traversata è durata 10-12 ore, altre volte può durare dei giorni se perdono la rotta. 

Alle 5 del mattino ci hanno salvati al largo delle coste italiane, ci portarono su di una barca più grande per rifocillarci e da lì sono venuti a prenderci con un'altra nave italiana. Siamo arrivati a Lampedusa e ci hanno dato il benvenuto un gruppo di italiani sulla nave cantando "Benvenuti in Italia". Per due giorni siamo stati a Lampedusa a riprenderci, c'erano persone dalla Siria, dal Marocco e altre parti del mondo, era il 13 ottobre 2014. 

Ero incinta di 4 mesi. Se penso alle volte che in Libia mi sono arrampicata sui recinti nello scappare...è un miracolo che la bambina sia qui...

Vorrei vivere in Italia e trovare lavoro qui, mi piacciono le abitudini italiane, trovo buffo il vostro modo di ballare e di baciarsi per strada. Potrei tornare nel mio paese, solo per vedere la mia famiglia, recentemente ho sentito mia madre, era contenta di sapere che ero in Italia con la bambina, meno contenta della situazione senza il padre.....

Mi mancano i miei amici, l'andare a scuola. Amavo l'inglese, la chimica e la biologia

Non consiglierei a nessuno di partire dall'Africa, a meno di non essere in situazioni di vita o di morte...ho ancora le immagini della gente che ho visto morire nel Sahara, durante il viaggio in Libia e nella barca … ottimi posti per morire i canotti...., ma adesso sono qui per vivere ...la senti questa canzone? Dice proprio quello che ho passato anch'io, quello che ti ho raccontato e che ho raccontato anche in chiesa dove ci vediamo con altri amici. Qui è stato l'arrivo della salvezza, adesso sto iniziando una nuova vita.

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